09.02.2017 – SINTESI RIFORMA GIUSTIZIA CONTABILE CORTE DEI CONTI

La giustizia contabile si adegua al nuovo sistema di finanza pubblica (1-segue)

La Corte dei conti, con l’entrata in vigore del Dlgs n. 174/2016, ha un codice che ne disciplina, in tutti gli aspetti, l’attività giurisdizionale.

La genesi del cambiamento  La giustizia contabile, settore essenziale per garantire la tutela degli interessi erariali a fronte di comportamenti di cattiva amministrazione nella gestione delle risorse pubbliche, finalmente ha trovato una un complesso di regole sistematiche che ne disciplinano il funzionamento. Questa fondamentale riforma, invero passata forse troppo sotto silenzio fra gli addetti ai lavori nell’ambito del percorso di riforma della pubblica amministrazione, rappresenta invece una tappa essenziale per rendere la Pa e quel settore della giustizia a essa dedicata, più in linea con gli standard internazionali e con i principi costituzionali. Il cosiddetto “giudizio erariale”, ovvero quello inerente alla responsabilità amministrativa di amministratori, funzionari e degli altri soggetti che comunque si trovino a gestire risorse pubbliche e gli altri giudizi “satellite” che si svolgono dinanzi alla magistratura contabile, oggi hanno una disciplina unitaria e coerente con i principi del giusto processo, tesi a garantire sia le doverose esigenze di ristoro dell’interesse pubblico danneggiato dallo sperpero di risorse della collettività a opera dei suoi rappresentanti, sia quelle, altrettanto rilevanti, di coloro che sono chiamati in giudizio per rispondere dei propri comportamenti dannosi.

La nuova disciplina  La precedente disciplina, oltre modo frammentaria e lacunosa, era chiaramente non più adeguata a un moderno sistema di finanza pubblica, nell’ambito del quale anche le regole di attribuzione della responsabilità devono essere per quanto possibile complete, coerenti, lineari ed efficienti. La giustizia contabile, difatti, otre a presidiare un settore fondamentale della finanza pubblica e dell’azione amministrativa, coinvolge quotidianamente centinaia di operatori. Magistrati, avvocati, funzionari e, ovviamente, “imputati”, si trovano ogni giorno a dover fare i conti con attività d’indagine, di difesa, di giudizio e di esecuzione delle sentenza. A questi soggetti, oltre che a tutti gli altri addetti ai lavori, si rivolgerà la serie di articoli che pubblicheremo su questo giornale, che cercheranno di fornire uno strumento di prima lettura agile, sintetico e operativo ai tratti salienti e alle principali novità introdotta dalla riforma, lasciando alla manualistica tradizionale gli approfondimenti, sempre tenendo presente che l’efficacia dell’azione amministrativa e la tenuta dei conti pubblici passa anche dall’efficienza della giustizia contabile.

La riforma della Corte dei conti prova a guardare «lontano» (2-segue)

Il contributo analizza proprio la genesi della riforma: dalla legge delega al Dlgs 174/2016.  Con il Dlgs 26 agosto 2016 n. 174, è stato approvato il codice della giustizia contabile che, a partire dal 7 ottobre 2016 disciplina tutti i giudizi che si svolgono innanzi la Corte dei conti. Si ricorderà che, con la legge 7 agosto 2015 n. 124 (cosiddetta legge Madia di riforma della Pa), il Governo è stato delegato ad adottare diversi decreti legislativi in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Tra gli interventi normativi demandati al Governo, l’articolo 20 della legge delega ha previsto il riordino e la ridefinizione della disciplina relativa ai giudizi contabili.

Lo svecchiamento delle norme  Si trattava di un’operazione quanto mai necessaria in quanto l’attività giurisdizionale della Corte dei conti era ancora disciplinata da un regolamento di procedura risalente al 1933 (Rd 13 agosto 1933 n. 1038), evidentemente non coerente con l’intervenuta evoluzione dei principi, costituzionali e della Corte europea dei diritti dell’uomo, riguardanti il giusto processo in generale. Al vetusto impianto normativo si sono poi aggiunti, negli ultimi decenni, interventi del legislatore, spesso frammentari e non coordinati, che hanno complicato non poco l’attività giurisdizionale della Corte. Era quindi forte l’esigenza di una codificazione di coordinamento e integrazione delle disposizioni vigenti per rendere più funzionale il processo contabile nelle sue diverse declinazioni e per attuare in maniera ottimale i principi di garanzia e tempestività del giusto processo fissati dal novellato articolo 111 della Costituzione. I principi e i criteri direttivi espressi dall’articolo 20 della legge delega hanno inteso conseguire un punto di equilibrio tra le esigenze di tutela dell’erario e il rispetto delle garanzie difensive in ogni momento del procedimento, sia nella fase giurisdizionale sia in quella istruttoria e preprocessuale di competenza del pubblico ministero.

Gli obiettivi  La norma di delega non si è quindi limitata a prevedere il mero riordino delle norme vigenti, ma ha previsto l’adeguamento, «anche mediante disposizioni innovative», della disciplina processuale ai principi espressi dalla Corte costituzionale e dalle giurisdizioni superiori nonché ai principi generali del codice di procedura civile. Tra gli obiettivi del nuovo codice vi è il rafforzamento delle garanzie della difesa, l’introduzione di termini certi per la prescrizione e la previsione di garanzie di trasparenza e tempestività nella procedura di archiviazione, nell’ottica generale della parità di trattamento delle parti. La stesura dello schema di decreto legislativo è stata curata da un’apposita commissione, istituita presso la Presidenza del Consiglio e presieduta dal Capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, composta da magistrati della Corte dei conti, esperti esterni, avvocati del libero foro e dell’Avvocatura generale dello Stato. Sullo schema di decreto è stato poi acquisito il parere della Corte dei conti (reso dalle Sezioni riunite in sede consultiva nell’adunanza del 21 luglio 2016) e, successivamente, il parere delle competenti commissioni parlamentari.

Obbligo di informatizzazione tra i principi della riforma della Corte dei conti (3-segue)

Il codice della giustizia contabile, sulla scia delle moderne tecniche di codificazione e di elaborazione di testi unici, si apre, dopo la delimitazione del proprio ambito operativo in termini di giurisdizione, con l’enunciazione dei principi che devono connotare la giustizia contabile. L’articolo 1 chiarisce che la Corte dei conti ha giurisdizione nei giudizi di conto, di responsabilità amministrativa per danno all’erario e negli altri giudizi in materia di contabilità pubblica. Sono devoluti alla Corte dei conti anche i giudizi in materia pensionistica, i giudizi aventi per oggetto l’irrogazione di sanzioni pecuniarie e gli altri giudizi nelle materie specificate dalla legge.

La giurisdizione  Gli articoli da 2 a 6 affermano, quali principi propri della attività giurisdizionale della Corte: • effettività; • concentrazione; • giusto processo; • dovere di motivazione e sinteticità degli atti; • digitalizzazione degli atti e informatizzazione delle attività. L’articolo 7, infine, come norma di rinvio prevede che, per quanto non disciplinato dal codice della giustizia contabile, dovrà farsi riferimento agli articoli 99, 100, 101, 110 e 111 del codice di procedura civile e alle altre disposizioni del medesimo codice, in quanto espressione di principi generali.

I principi  Di particolare rilievo appare l’enucleazione dei principi, poiché questi, oltre ad aver guidato la mano del legislatore, dovranno essere la bussola degli addetti ai lavori nei casi in cui dovranno essere sciolti i dubbi interpretativi e operativi che la riforma porrà sul tavolo sin dalle primissime fasi applicative. Il principio di effettività afferma che la finalità della giurisdizione contabile è assicurare una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo. Il principio di concentrazione attribuisce al giudice contabile ogni forma di tutela degli interessi pubblici e dei diritti soggettivi coinvolti. L’articolo 4, che afferma il principio del giusto processo, sancito dall’articolo 111 della Costituzione, è quello più denso di conseguenze sistemiche. Dal giusto processo derivano una serie di altri profili essenziali, quali la parità delle parti, il contraddittorio, la ragionevole durata del processo. Le sue conseguenze applicative quale bilanciamento di prerogative processuali si rovesciano su quella che finora è stata una specialità del rito contabile, vale a dire, la cosiddetta sindacatorietà del giudice.

Il potere sindacatorio  Per potere sindacatorio s’intende un novero di poteri istruttori del giudice contabile, che nel precedente regime sono andati ad alimentare la prassi applicativa, anche fuori dell’originario alveo del giudizio di conto. In virtù di tali poteri istruttori propri, il giudice contabile, seppur terzo rispetto al pubblico ministero, poteva intervenire sulle prospettazioni del Pm, esercitando una sorta di sindacato appunto, in nome della corretta gestione delle risorse pubbliche, azionabile mediante l’integrazione sia del contraddittorio, sia dell’indagine volta ad acquisire materiale probatorio. La cognizione del giudice contabile nella ormai precedente disciplina era pertanto estendibile per iniziativa propria, sul piano sia soggettivo, sia oggettivo della controversia, potendo, ad esempio, portare alla chiamata in giudizio di un terzo originariamente non convenuto, con evidenti profili di dubbia compatibilità con il precetto costituzionale del giusto processo, oltre che del diritto di difesa. Con il codice della giustizia contabile questo potere dovrebbe venire meno, ponendo il giudice in una condizione di maggiore terzietà rispetto agli interessi delle parti in causa. L’articolo 4 afferma, sempre come corollario del giusto processo, che il giudice contabile e le parti debbano cooperare per conseguire una ragionevole durata del processo. Sempre nell’ottica giusto processo, l’art. 5 prescrive un obbligo di motivazione per ogni provvedimento decisorio del giudice e per ogni atto del pubblico ministero, nonché un obbligo di redazione chiara e sintetica degli atti da parte del giudice, del pubblico ministero e anche delle parti convenute.

Obbligo di digitalizzazione  L’articolo 6, infine, pone un obbligo di digitalizzazione degli atti e informatizzazione delle attività. I documenti, gli atti processuali, i registri, i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari, dei difensori, delle parti e dei terzi dovranno essere “informatizzati”. Questo, a condizione che siano garantiti contenuto e provenienza, nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale (Dlgs 82/2015 smi). Il pubblico ministero contabile potrà notificare gli atti agli indirizzi di posta elettronica certificata contenuti in pubblici registri. Salvo diversa previsione, si applicano al processo contabile le disposizioni e regole tecniche del processo civile telematico.

Il nuovo codice della giustizia contabile conserva l’assetto degli organi (4-segue)

La parte prima del codice, dopo avere sancito i principi generali, si occupa degli organi della giustizia contabile. Sotto questo profilo, trattandosi di materia ordinamentale (e quindi sottratta agli interventi del legislatore delegato), il codice si è limitato a fotografare l’esistente, non apportando innovazioni; queste hanno infatti riguardato solo determinati aspetti processuali della giustizia contabile.

Le sezioni giurisdizionali regionali  Le sezioni giurisdizionali regionali sono gli organi di primo grado della Corte dei conti, presenti nel capoluogo di ogni regione e affiancate dalle due sezioni di Trento e di Bolzano con competenze estese alle rispettive Province.  La regionalizzazione delle funzioni giurisdizionali della Corte è il frutto delle riforme degli anni novanta, quando il sistema di corruzione messo in luce dalle indagini giudiziarie su Tangentopoli rese evidente la necessità di potenziare il ruolo della magistratura contabile. Il decentramento della giurisdizione di responsabilità ebbe quindi lo scopo di avvicinare la Corte ai luoghi della gestione amministrativa, in modo da rendere più immediato ed efficiente il suo intervento e il ristoro dell’amministrazione danneggiata. Alle sezioni giurisdizionali sul territorio competono i giudizi di responsabilità, i ricorsi in materia di pensioni, i giudizi a istanza di parte, quelli sui conti, il giudizio di ottemperanza e l’applicazione di determinate sanzioni pecuniarie. Per alcuni riti, le sezioni operano in composizione collegiale, per altri a mezzo di un giudice unico.  La decisione degli appelli avverso le sentenze degli organi regionali di primo grado appartiene alle tre sezioni giurisdizionali centrali di appello (con competenze indistinte) con sede a Roma. Vi è però l’eccezione della Sicilia, dove vi è un apposito giudice di secondo grado (la sezione di appello per la Regione siciliana) istituito, insieme con la sezione regionale di primo grado, sin dal 1948 in esecuzione dello Statuto regionale.

Le sezioni riunite  L’uniforme interpretazione delle norme di contabilità pubblica e la risoluzione dei conflitti e dei regolamenti di competenza sono assicurate dalle sezioni riunite in sede giurisdizionale, presiedute dal Presidente della Corte. Ad esse è formalmente intestata la fondamentale funzione di nomofilachia (analoga a quella svolta dalla Corte di cassazione per la giurisdizione ordinaria) assicurata mediante la pronuncia sulle questioni di massima deferite dalle sezioni di appello, dal Presidente della Corte o a richiesta del procuratore generale. Ancora, le sezioni riunite in speciale composizione (formate cioè in maniera paritetica da magistrati provenienti dalle sezioni di controllo e giurisdizionali), hanno giurisdizione esclusiva in unico grado su alcune materie di contabilità pubblica che il legislatore ha loro attribuito con varie disposizioni succedutesi nel tempo. Si tratta di settori essenziali per la finanza pubblica, specie a livello di governo decentrato, come le decisioni sui piani di riequilibrio degli enti locali, l’ammissione al fondo di rotazione per la stabilità finanziaria degli enti territoriali, la ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’Istat i rendiconti dei gruppi consiliari dei consigli regionali.

Il pubblico ministero  Infine, indiscusso protagonista del giudizio contabile è il pubblico ministero poiché dalla sua attività di indagine prendono vita i giudizi di responsabilità per danno all’erario.  Gli uffici di procura hanno due articolazioni territoriali, una a livello regionale (presso le sezioni giurisdizionali regionali) ed una a livello centrale (presso le sezioni riunite o le sezioni giurisdizionali di appello), con la solita eccezione della Sicilia ove vi è la procura generale presso la locale sezione di appello. Alle funzioni del pubblico ministero il codice dedica la parte più innovativa della riforma, cui sarà dedicato uno specifico articolo, destinata ad incidere in maniera significativa sulla gestione delle istruttorie da parte degli uffici di procura. Da una attenta applicazione delle disposizioni concernenti le fasi che precedono il giudizio dipende anche il successo delle iniziative dell’attore pubblico.

Nella riforma della giustizia contabile regole certe per l’attività del pubblico ministero (5-segue)

Il codice di giustizia contabile ha, fra le sue principali novità, la puntuale disciplina dell’attività del pubblico ministero, che nel regime precedente risultava regolata, in gran parte, da prassi consolidate, ma non da precisi riferimenti normativi.

L’attività istruttoria  Al pubblico ministero spetta l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione erariale, sulla base di specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le fattispecie di responsabilità direttamente sanzionate dalla legge mediante l’irrogazione di una sanzione pecuniaria a seguito di violazione di specifiche disposizioni normative ai sensi dell’articolo 133 del Codice della giustizia contabile. La notizia di danno, a pena di nullità, deve essere specifica e concreta, ossia consistere in informazioni circostanziate e non riferibili a fatti ipotetici o indifferenziati (articolo 51). Il pubblico ministero, mediante esibizione di documenti, audizioni, ispezioni, accertamenti, sequestri e consulenze tecniche, deve compiere ogni attività utile per ottenere gli elementi necessari all’esercizio dell’azione erariale. In un’ottica di piena legalità dell’attività dell’accusa, il Pm deve svolgere anche accertamenti su fatti e circostanze a favore del presunto responsabile (articolo 55).  L’attività istruttoria deve essere connotata da assoluta riservatezza (articolo 57). Il pubblico ministero può, motivatamente, svolgere attività istruttoria direttamente, ovvero delegare gli adempimenti istruttori alla Guardia di Finanza o ad altre Forze di polizia, anche locale, agli uffici territoriali del Governo e, in casi eccezionali e motivati, ai dirigenti o funzionari di qualsiasi pubblica amministrazione. Il dettato normativo sembra escludere il ricorso a subdeleghe. È possibile avvalersi anche di consulenti tecnici (articolo 56). Tutti gli atti del pubblico ministero devono essere motivati (articolo 5).  L’omessa o apparente motivazione dei provvedimenti istruttori del pubblico ministero ovvero l’audizione assunta in violazione della disciplina prevista dall’60, comma 4, costituiscono causa di nullità dell’atto istruttorio e delle operazioni conseguenti (articolo 65).  Il Pm, ai fini di tutela dei crediti erariali, può esercitare tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, Titolo III, Capo V, del codice civile (articolo 73). In sintesi, può chiedere sequestri conservativi sia prima che durante la causa, eventualmente convertibili in pignoramenti. La parte, in luogo del sequestro, può chiedere di versare una cauzione in denaro, ovvero offrire una fideiussione bancaria (articolo 81). La fase istruttoria si conclude con l’invito a fornire deduzioni nei confronti del presunto responsabile (articolo 67).

L’invito a dedurre  L’invito a dedurre, al pari del formale atto di costituzione in mora ai sensi degli articoli 1219 e 2943 del codice civile, può interrompere per una sola volta il termine quinquennale di prescrizione.  Nell’invito a dedurre sono esplicitati al presunto responsabile gli elementi essenziali del fatto, di ciascuna condotta contestata e del suo contributo causale alla realizzazione del danno contestato, fissando un termine non inferiore a 45 giorni è possibile esaminare tutte le fonti di prova indicate a base della contestazione formulata e depositare le proprie deduzioni ed eventuali documenti.

Archiviazione e citazione in giudizio  Se la notizia di danno risulti infondata o comunque non vi siano elementi sufficienti a sostenere in giudizio la contestazione, oppure se nella fattispecie non si ravvisi la colpa grave poiché l’azione amministrativa si è conformata a parere reso dalla Corte dei conti in via consultiva, il pubblico ministero dispone l’archiviazione del fascicolo istruttorio. Il decreto di archiviazione, adeguatamente motivato, deve essere vistato dal procuratore regionale, che, qualora non ne condivida le motivazioni, formula per iscritto le proprie osservazioni, comunicandole al pubblico ministero.  Nel caso permanga il dissenso, il procuratore regionale avoca il fascicolo istruttorio, esercitando personalmente l’azione erariale.  Qualora la notizia di danno, a seguito dell’attività istruttoria svolta, risulti fondata, il pubblico ministero emette l’atto di citazione in giudizio nei confronti del presunto responsabile, aprendo formalmente la fase processuale. Come si può notare, il Codice della giustizia contabile disciplina in modo puntuale l’attività dell’accusa, fornendo incisivi poteri d’indagine, a fronte però dell’introduzione di altrettanto puntuali obblighi di condotta a chiaro contenuto garantista. Alle procure ora spetta il non facile compito di coniugare l’efficacia dell’azione erariale e la garanzia nei confronti dei presunti responsabili.

Giusto processo e pari trattamento delle parti cambiano prospettiva alla giustizia contabile (6-segue)

La legge delega ha indicato, tra gli obiettivi del nuovo codice, il rispetto delle garanzie della difesa e l’ampliamento degli strumenti di partecipazione dei presunti responsabili anche nella fase istruttoria e preprocessuale.

L’accoglimento dei principi del «giusto processo» e della parità di trattamento delle parti (soprattutto nel giudizio di responsabilità) ha imposto la rivisitazione degli istituti non più in linea con il nuovo modello costituzionale. Sebbene la giurisprudenza della Corte dei conti avesse da tempo sancito l’applicabilità di questi principi anche al giudizio contabile, l’impianto normativo si presentava oggettivamente sbilanciato a favore dell’organo requirente, per il ruolo da questi svolto a tutela delle finanze pubbliche.

Oggi, quindi, il nuovo codice muove da una prospettiva diversa, sul presupposto che condizione per l’esistenza di un giusto processo sia, prima di tutto, l’esercizio di una «giusta azione» da parte del pubblico ministero.

Norme sull’assistenza tecnica  Le disposizioni generali della parte prima del codice, dedicate alle parti e ai difensori, si riferiscono a tutte le tipologie dei giudizi innanzi alla Corte dei conti e, in linea generale, prevedono l’obbligo di avvalersi del patrocinio di un avvocato, ove non diversamente previsto dalla legge (come per i ricorsi pensionistici, proponibili direttamente dal ricorrente).  Le norme sull’assistenza tecnica ricalcano quelle del codice di procedura civile e si chiudono con la disciplina delle spese processuali che, per il giudizio di responsabilità, divergono dalle regole generali per la peculiarità degli interessi in gioco. In sintesi, il principio di soccombenza continua a non applicarsi al P.M. contabile, mentre al convenuto compete la liquidazione delle spese e degli onorari di difesa, qualora la sentenza conclusiva del processo accerti l’insussistenza degli elementi strutturali dell’illecito contabile. Il giudice, poi, può compensare le spese tra le parti in caso di soccombenza reciproca, di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza su questioni dirimenti o quando definisce il giudizio decidendo solo su questioni pregiudiziali o preliminari.

Nuovo ruolo della difesa  Quanto al nuovo ruolo della difesa nel giudizio di responsabilità, in primo luogo, il codice stabilisce che il pubblico ministero, nello svolgimento della sua attività di indagine, debba acquisire non solo gli elementi costitutivi della responsabilità erariale ma anche quelli che escludono la responsabilità del soggetto coinvolto (articolo 55). In fase istruttoria, inoltre, è consentito al presunto responsabile di rivolgersi preventivamente alla sezione giurisdizionale per fare valere le nullità degli atti istruttori dell’organo requirente previste dall’articolo 51. L’invito a dedurre è ora arricchito di contenuti informativi ulteriori, per consentire al destinatario di comprendere pienamente le contestazioni che gli vengono mosse e potere così argomentare meglio la propria difesa, disponendo oggi di un termine di legge più ampio (45 giorni ampliabili dal pubblico ministero) per il deposito delle deduzioni e per richiedere l’audizione personale dalla quale il pubblico ministero non può prescindere, pena l’inammissibilità dell’atto di citazione (articolo 67). Sempre a tutela dell’invitato, l’art. 67 prevede che, successivamente all’invito a dedurre, il pubblico ministero non possa svolgere attività istruttorie, fatti salvi gli accertamenti sugli ulteriori elementi di fatto emersi a seguito delle controdeduzioni.  Il presunto responsabile deve anche essere informato della proroga delle indagini (autorizzata dalla Sezione su richiesta del pubblico ministero), potendo proporre reclamo avverso la relativa ordinanza (articolo 68) con un contraddittorio anticipato rispetto al giudizio.

Altre forme di tutela  Tra le norme poste a presidio delle garanzie difensive si annovera anche l’articolo 71 che ha introdotto il diritto di accesso del destinatario dell’invito a dedurre al fascicolo istruttorio del pubblico minisetro (peraltro già previsto dalla pronuncia delle Sezioni riunite n. 28 del 2015), nonché a tutti i documenti detenuti dalla Pa rilevanti per la difesa. In questo caso, i termini ordinari di accesso agli atti sono ridotti della metà. In caso di diniego, inoltre, è possibile ricorrere al pubblico ministero per l’attivazione dei suoi poteri istruttori. Ulteriore garanzia del soggetto coinvolto nelle indagini è la comunicazione del decreto di archiviazione, vistato del Procuratore regionale e debitamente motivato (articolo 69), che preclude la riapertura delle indagini se non per fatti nuovi e diversi (articolo 70) impedendo così le cosiddette istruttorie a cascata. Infine, da un punto di vista sostanziale, la nuova disciplina sulla prescrizione permette di interrompere per una sola volta il termine prescrizionale, con l’aggiunta di un ulteriore tempo residuo di due anni ed un termine complessivo massimo di sette anni. Questo impedisce di dilatare il tempo a disposizione del pubblico ministero per l’esercizio della sua azione e contribuisce a rafforzare la posizione del presunto responsabile a beneficio della certezza dei rapporti giuridici.

La riforma della giustizia contabile annulla il potere sindacatorio del giudice (7-segue)

Il nuovo codice del processo contabile dedica alcune norme della prima parte (Disposizioni generali) agli organi della giurisdizione e alla figura del giudice.
Dopo aver disciplinato la giurisdizione e la competenza, il codice individua le ipotesi di astensione e di ricusazione del giudice contabile (articoli 21 e 22) in maniera analoga a quanto previsto dal codice di procedura civile per il giudice ordinario. Si tratta di norme nuove, espressione del principio di terzietà del giudice, dato che in precedenza non vi era una apposita disciplina per la Corte dei conti e, in tali casi, le Sezioni giurisdizionali facevano usualmente ricorso alle regole applicabili al giudice ordinario.
Sempre a garanzia della terzietà del giudice, in materia di misure cautelari, viene ora stabilito che del collegio che decide sul reclamo contro l’ordinanza del giudice di conferma o revoca del decreto presidenziale, non possa fare parte il giudice designato che ha pronunciato l’ordinanza oggetto di reclamo (articolo 76).

Il potere sindacatorio
L’ambito su cui il codice ha però inciso maggiormente, per quanto riguarda il giudizio di responsabilità, è il cosiddetto potere sindacatorio del giudice contabile. Nel sistema previgente era infatti attribuito al giudice sia un penetrante potere d’intervento istruttorio, con la possibilità di integrare il materiale probatorio anche oltre l’allegazione delle parti, sia il potere di ampliare il perimetro della controversia chiamando in causa soggetti diversi rispetto a quelli individuati dal Pubblico ministero.
L’attribuzione di tali poteri rispondeva all’esigenza di una più efficace tutela delle ragioni dell’erario, finalità che portava a ritenere recessivi, nel giudizio contabile, i principi di parità delle parti, onere della prova ed imparzialità del giudice.
A seguito della modifica dell’articolo 111 della Costituzione, si è manifestata chiaramente l’incompatibilità di tale assetto normativo con i nuovi principi costituzionali. Dopo una prima fase in cui le sezioni giurisdizionali della Corte hanno espresso orientamenti discordanti sulla sopravvivenza del potere sindacatorio, l’indirizzo che si è venuto a consolidare ha ricercato il giusto equilibrio tra la terzietà del giudice, l’indisponibilità ed esclusività dell’azione contabile e la tutela della parte più debole (il convenuto), arrivando ad avvicinare il giudizio contabile a quello disciplinato dal codice di procedura civile e mutuandone taluni principi.
Il nuovo codice, recependo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, ha quindi vietato la chiamata in giudizio di altri soggetti su ordine del giudice (articolo 83) eliminando così il potere sindacatorio ordinatorio. Inoltre, quando il danno è dipeso dalla condotta di più soggetti, ma solo alcuni di essi siano stati convenuti dal Pm, in caso di condanna, il giudice non potrà porre a carico dei convenuti l’intero danno prodotto; andrà infatti scomputata la quota attribuibile ai soggetti non citati e poi posta a carico dei condannati la sola parte residua.
L’integrazione del contraddittorio è limitata alla scoperta di fatti nuovi nel corso del processo, che può essere motivo di trasmissione degli atti al Pm per le valutazioni del caso e l’eventuale citazione a giudizio del nuovo presunto responsabile, previo invito a dedurre (articolo 82, comma 2). Tuttavia il Pm non può procedere nei confronti di soggetti che siano stati già destinatari di provvedimento di archiviazione.

L’intervento in giudizio di terzi
Inoltre, è possibile l’intervento in giudizio di terzi, ma nella sola forma dell’intervento adesivo a sostegno delle ragioni del pubblico ministero (articolo 85), a differenza del precedente sistema in cui poteva intervenire in causa chiunque avesse interesse nella controversia.
Il potere sindacatorio istruttorio è stato mantenuto, sebbene ridimensionato, nella sua portata. Il giudice può disporre consulenze tecniche, anche d’ufficio, nonché ordinare alle parti di produrre gli atti e i documenti che ritiene necessari per la decisione (articolo 94). Non si tratta però del superamento del principio dispositivo, poiché la norma afferma che tale potere può essere esercitato «fermo restando l’onere probatorio in capo alle parti». Su questo specifico versante, il codice impone la costante ricerca di un punto di equilibrio tra metodo acquisitivo e principio della domanda. Sarà quindi la pratica quotidiana presso le sezioni giurisdizionali a delineare quale sarà la concreta applicazione data alla nuova disciplina. Certamente, il faro che dovrà sempre illuminare e guidare l’interpretazione della Corte non potrà che essere il principio del giusto processo, cardine della riforma da cui ha avuto origine il nuovo codice.

 

Tutti i giudizi in mano alla giustizia contabile riformata (8-segue)

Continuando nell’esame del codice di giustizia contabile, vediamo ora quali sono i giudizi nei quali si sostanzia la giurisdizione della Corte dei conti.

Responsabilità amministrativa  Il principale giudizio di competenza delle Corte è quello di responsabilità amministrativa, che rientra nell’alveo dei giudizi di responsabilità, disciplinati dalla parte II del codice (articolo 51/136). Si tratta del classico giudizio per danno all’erario, in applicazione dell’articolo 28 della Costituzione che prevede che «i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici». Gli elementi della responsabilità amministrativa sono il danno, l’antigiuridicità della condotta e il dolo o la colpa grave. Il danno può essere patrimoniale o non patrimoniale. Quest’ultimo è risarcibile a condizione che sia stato leso un diritto costituzionalmente garantito. Il danno può essere poi diretto o indiretto. Sempre fra i giudizi di responsabilità, ci sono quelli relativi all’irrogazione di sanzioni pecuniarie (articolo 133 e seguenti), che possono dirsi giudizi di responsabilità amministrativa in assenza di danno erariale in senso stretto. Fra gli esempi, si può richiamare l’articolo 30, comma 15, della legge 289/2002, che prevede che. qualora gli enti territoriali ricorrano all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, i relativi atti e contratti siano nulli e la Corte possa irrogare agli amministratori che abbiano assunto la relativa delibera, una sanzione pecuniaria fra un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al momento della violazione. Oppure l’articolo 248, commi 5 e 5-bis, del Tuel che prevede che le sezioni giurisdizionali regionali della Corte infliggano ad amministratori e revisori degli enti locali, qualora riconosciuti responsabili del dissesto, una sanzione pecuniaria pari a un minimo di cinque e fino a un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento della violazione.

Il giudizio sui conti  Il giudizio sui conti, invece, non rientra fra quelli di responsabilità, avendo una propria peculiarità, anche di carattere storico (parte III – articoli 137/150). La Corte giudica sui conti degli agenti contabili dello Stato e delle altre Pa. Il giudizio sui conti si suddivide nel giudizio per la resa del conto (articoli 141 e seguenti), promosso da Pm e finalizzato a far sì che, nei casi previsti dalla legge, gli agenti presentino le risultanze della loro gestione, e nel giudizio di conto vero e proprio (articoli 145 e seguenti), nell’ambito del quale la Corte giudica della “bontà” del conto stesso.

Il giudizio sui conti  Ci sono poi i giudizi pensionistici (articoli 151 e seguenti), nei quali la Corte giudica in materia di pensioni (civili, militari e di guerra) a totale carico dello Stato e degli enti previdenziali confluiti nell’ex Inpdap. Le controversie possono avere a oggetto sia l’esistenza e l’entità del diritto alla pensione, sia la legittimità del recupero disposto dall’ente in ordine alle somme indebitamente erogate a titolo di pensione.

Gli altri giudizi  Il codice disciplina i giudizi a istanza di parte (articoli 172 e seguenti), caratterizzati dalla possibilità da parte di soggetti diversi dal Pm di agire dinanzi alla Corte, qualora si pongano questioni rientranti nelle materie di contabilità pubblica. Ai sensi dell’articoli 172 e seguenti, la Corte dei conti, in tale veste, giudica sui ricorsi: • contro i provvedimenti definitivi in materia di rimborso di quote d’imposta inesigibili;  • contro ritenute, a titolo cautelativo, su stipendi di funzionari e agenti statali;  • per interpretazione del titolo giudiziale di cui all’articolo 211 del codice di giustizia contabile; • per altri giudizi ad istanza di parte, previsti dalla legge e comunque nelle materie di contabilità pubblica, nei quali siano interessati anche persone o enti diversi dallo Stato. Ci sono infine i nuovi giudizi in materia di contabilità pubblica, di recente introdotti da specifici provvedimenti legislativi e ricompresi nelle generali competenze della Corte ex articolo 103 della Costituzione, di cui il codice offre una ricognizione nell’articolo 11, comma 6. econdo tale disposizione, le Sezioni riunite in speciale composizione decidono in unico grado (articolo 123 e seguenti) sui giudizi in materia di: • piani di riequilibrio degli enti territoriali e ammissione al fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali;  • di ricognizione delle Pa operata dall’Istat; • di certificazione dei costi dell’accordo di lavoro presso le fondazioni lirico-sinfoniche;  • di rendiconti dei gruppi consiliari dei consigli regionali;  • di contabilità pubblica, nel caso di impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo. Tali giudizi, dal punto di vista procedurale, ricevono poi apposita disciplina negli articoli 123 e seguenti del codice, trattandosi di una sorta di “impugnazione” di atti giudicata in unico grado.

Giudizio di responsabilità per danno erariale, il cuore della riforma (9-segue)

Continuando nell’esame del codice di giustizia contabile, vediamo ora quali sono i giudizi nei quali si sostanzia la giurisdizione della Corte dei conti. Il giudizio di responsabilità per danno all’erario, il “cuore” del nuovo codice, detta finalmente di una disciplina organica che abroga e sostituisce la precedente, vetusta e frammentaria.

La responsabilità amministrativa  Con l’espressione responsabilità amministrativa ci si riferisce alla responsabilità a contenuto patrimoniale di amministratori o dipendenti pubblici per i danni causati all’ente nell’ambito o in occasione del rapporto d’ufficio. L’accertamento della responsabilità comporta la condanna al risarcimento del danno a favore della PA danneggiata. Per rispondere di danno erariale, il soggetto, con una condotta dolosa o gravemente colposa collegata o inerente al rapporto d’ufficio, deve aver causato un danno risarcibile che sia conseguenza diretta e immediata della sua condotta. La responsabilità del danneggiante è personale e non si trasferisce agli eredi, se non eccezionalmente (ovvero, in caso di dolo e di arricchimento illecito del dante causa). La parte II del codice, dedicata ai giudizi di responsabilità, comprende anche la fase delle indagini del Pm, quella preprocessuale relativa all’invito a dedurre nonché quella eventuale di tutela preventiva del credito erariale.

Il rito ordinario  Avendo già accennato nelle precedenti puntate al ruolo del Pm e della difesa, si affronterà dunque direttamente la parte più strettamente processuale del giudizio di responsabilità e, in particolare, il rito ordinario (articoli 83-113). In seguito parleremo dei riti speciali, sempre afferenti alla responsabilità. Il Capo I disciplina gli aspetti generali del rito (la possibile chiamata in giudizio, la riunione delle cause e l’intervento del terzo) con norme che, comprimendo in maniera significativa il «potere sindacatorio» del giudice contabile, raccordano la fase istruttoria e quella processuale in chiave garantista per il convenuto.

Il giudizio per danno si apre con il deposito, presso la segreteria della Sezione giurisdizionale, della citazione da parte del Pm. La fase introduttiva del giudizio (articoli 86-90) è in gran parte modellata sulle norme del codice di procedura civile, con i necessari correttivi dovuti alla peculiarità del processo contabile e al rapporto con la fase preprocessuale. Questa parte disciplina il contenuto dell’atto di citazione (e la sua eventuale nullità), la fissazione dell’udienza e la costituzione del convenuto, con la previsione di termini di decadenza per la proposizione di eccezioni non rilevabili d’ufficio. La trattazione della causa (articoli 91-93), come nel processo civile, è ispirata ai principi di concentrazione e pubblicità. L’udienza di discussione è pubblica e si esaurisce in un unico giorno, salvo il possibile rinvio d’ufficio, per motivi organizzativi, o su motivata istanza di parte, sentito il Pm. L’articolo 93 disciplina, in analogia al codice di procedura civile, la contumacia del convenuto. Gli articoli 94-99 disciplinano l’istruzione della causa, con particolare riguardo all’ammissione e all’assunzione delle prove. Fermo restando l’onere probatorio in capo alle parti, il giudice può disporre consulenze tecniche e ordinare, anche alle PA, la produzione di documenti. Il giudice, quindi, può ammettere i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, eccetto l’interrogatorio formale e il giuramento.

La valutazione delle prove  Quanto ai criteri di valutazione delle prove, vige il principio generale di disponibilità delle stesse nonché la possibilità di porre a fondamento della decisione, oltre ai fatti non contestati, le nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza. Il giudice valuta le prove secondo il suo prudente apprezzamento, fatte salve le cd prove legali (quelle assunte nel processo, le prove documentali eccetera). Per la sussistenza dell’elemento soggettivo della responsabilità e del nesso di causalità tra la condotta e il danno, il giudice considera i pareri, se prodotti in causa, resi dalla Corte dei conti in sede consultiva di controllo sull’ente locale. La disciplina dell’istruttoria in corso di giudizio è contenuta nell’articolo 99. Gli articoli 100-103 regolano la decisione della causa, che avviene al termine dell’udienza ed è assunta dal collegio in camera di consiglio. La sentenza va depositata entro 60 giorni. La forma dei provvedimenti del collegio corrisponde a quella prevista dal codice di procedura civile. Gli incidenti nel processo, ovvero, l’incidente di falso, la sospensione, l’interruzione del processo (e la relativa prosecuzione), la rinunzia e l’estinzione sono disciplinati dagli articoli 104-111.  Quanto alla rinuncia, il codice riprende sostanzialmente la vecchia disciplina, con le seguenti modifiche: • anche il Pm può rinunciare agli atti; • l’accettazione della rinuncia non può essere sottoposta a riserve o condizioni (articolo 306 del Cpc); • l’estinzione del processo per rinuncia non prevede la pronuncia sulle spese.  La parte II si conclude con la disciplina della correzione degli errori materiali dei provvedimenti del giudice.

Riforma della Corte dei conti, autonoma disciplina processuale per i giudizi sanzionatori (10-segue)

Continuando nell’esame del codice di giustizia contabile, vediamo ora i riti speciali. Il titolo V della Parte II del codice riguarda i riti speciali: il rito abbreviato (articolo 130), il rito monitorio (articoli 131-132) e il rito relativo a fattispecie di responsabilità sanzionatoria pecuniaria (articoli 133-136).

Il rito abbreviato  Per quanto riguarda il primo, già con la legge finanziaria per il 2006 (articolo 1, comma 231, della legge 266/2005) è stata prevista la definizione agevolata dei giudizi di responsabilità amministrativa (condono erariale) per i soggetti condannati in primo grado.  Con il nuovo codice, tale possibilità è stata estesa anche al primo grado di giudizio. Il rito abbreviato costituisce quindi un’alternativa al rito ordinario, con evidenti funzioni deflattive della giurisdizione di responsabilità e con la chiara finalità di conseguire un rapido e certo recupero dei crediti erariali.  Il ricorso al rito abbreviato consente la definizione del giudizio di primo grado mediante il pagamento sino al 50 per cento del danno, per come quantificato nell’atto di citazione; per la definizione del giudizio di appello, il pagamento proposto deve essere invece non inferiore al 70 per cento del danno contestato nella citazione. In entrambi i casi è richiesto il previo e concorde parere del pubblico ministero.  La richiesta di rito abbreviato è però inammissibile nei casi di doloso arricchimento del danneggiante. Spetta al collegio giudicante deliberare in merito alla richiesta, motivando circa la congruità della somma proposta, in relazione alla condotta del convenuto ed alla entità del danno. Verificato l’avvenuto versamento, in unica soluzione, della somma stabilita dal collegio, viene emessa la sentenza con cui si definisce il giudizio. La sentenza di primo grado pronunciata col rito abbreviato non è impugnabile. In caso di non accoglimento dell’istanza di rito abbreviato o di mancato pagamento della somma fissata dal collegio, il giudizio prosegue con il rito ordinario.

Il rito monitorio  Il rito monitorio (articoli 131 e 132) era già previsto dall’articolo 55 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti per fattispecie dannose di lieve entità. L’articolo 131 del codice, nel determinare l’ambito di applicazione del nuovo rito monitorio, stabilisce che esso si applichi alle contestazioni di addebiti quantificati fino ad un massimo di 10.000 euro. Quanto al procedimento, con decreto presidenziale viene determinata la somma da pagare all’erario con la contestuale previsione di un termine per l’accettazione e della data dell’udienza di discussione per il caso di mancata accettazione; se l’importo viene accettato, la causa è cancellata dal ruolo e la determinazione presidenziale è tradotta in ordinanza con forza di titolo esecutivo. Qualora non vi sia l’accettazione, il giudizio prosegue con il rito ordinario.

I giudizi sanzionatori  Gli articoli da 133 a 136 riguardano i giudizi per l’applicazione di sanzioni pecuniarie nei confronti dei responsabili della violazione di specifiche disposizioni normative.  Si tratta di un nuovo rito introdotto per la prima volta dal codice che ha previsto un’autonoma disciplina processuale per i giudizi sanzionatori, precedentemente assimilati alla disciplina sostanziale e processuale dei giudizi di responsabilità. Fra le fattispecie sanzionatorie in questione ricordiamo: l’articolo 30, comma 15, della legge 289/2002; l’articolo 248. commi 5 e 5-bis, del Tuel e l’articolo 1, comma 727, della legge 208/2015. Il codice ha stabilito che tale tipologia di giudizio sia promossa dal Pm con ricorso (notificato alla parte) davanti al giudice monocratico designato dal presidente della sezione giurisdizionale regionale. Il giudice, in caso di accoglimento del ricorso, determina la sanzione, avuto riguardo alla gravità della violazione e all’opera dell’agente per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione. In caso di pagamento immediato (entro trenta giorni), il giudice fissa una sanzione in misura ridotta, pari al trenta per cento. Avverso il decreto di condanna è possibile proporre opposizione davanti al collegio, entro trenta giorni dalla notificazione del decreto, con effetti sospensivi dell’esecuzione del provvedimento; il collegio definisce il giudizio con sentenza, sentite le parti e omessa ogni finalità non essenziale al contraddittorio.

Il giudizio sui conti nella riforma della giustizia contabile (11-segue)

Continuando nell’esame del codice di giustizia contabile, passiamo ora ad analizzare il giudizio sui conti. La parte III del Dlgs n. 174/2016 (articoli 137/150) si occupa infatti del giudizio sui conti che, in senso ampio, ha per oggetto la verifica della regolarità del conto giudiziale cui sono tenuti i titolari di gestione di tesoreria e gli agenti contabili dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni e si suddivide nel giudizio per la resa del conto e nel giudizio di conto vero e proprio. Gli agenti, entro 60 giorni, salvo diverso termine previsto dalla legge, dalla chiusura dell’esercizio finanziario, o comunque dalla cessazione della gestione, devono presentare il conto giudiziale alla Pa di appartenenza, che, previa parificazione, lo deposita, anche in forma telematica, presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti territorialmente competente. Il deposito del conto costituisce l’agente della Pa in giudizio.

La resa del conto  Il Capo II (articoli 141-144) disciplina il giudizio per la resa del conto che viene attivato dal pubblico ministero nei casi specifici previsti dalla legge (cessazione dell’agente contabile dal proprio ufficio; deficienze accertate dalla Pa; ritardo a presentare i conti; omissione del deposito). Il giudice monocratico decide entro 30 giorni in camera di consiglio con decreto motivato opponibile. Il collegio, in caso di eventuale opposizione, decide con sentenza non appellabile, immediatamente esecutiva.

Il giudizio di conto  Il Capo III (articoli 145-150) disciplina il giudizio di conto. Il conto depositato presso la sezione giurisdizionale è assegnato al relatore. Il presidente della sezione stabilisce, a inizio anno, le priorità cui i relatori dovranno attenersi nella pianificazione dell’esame dei conti.  Il relatore, dopo aver eseguito gli accertamenti (e avere eventualmente acquisito in via interlocutoria ulteriori documenti e informazioni dall’amministrazione interessata), emette la relazione sul conto, il cui esito può essere: • il discarico dell’agente contabile, qualora il conto chiuda in pareggio e risulti regolare; • la sua condanna a pagare la somma di cui il relatore lo ritenga debitore; • la rettifica dei resti, da riprendersi nel conto successivo, per la declaratoria di irregolarità della gestione contabile; • altri provvedimenti interlocutori o definitivi che il relatore giudichi opportuni.  Qualora il conto chiuda in pareggio e risulti regolare, il giudice designato deposita la relazione nella quale propone il discarico del contabile. Se il pubblico ministero non dissente entro 30 giorni, il presidente emette il decreto di discarico.  Nei casi in cui, invece, non si possa procedere al discarico, entro il termine di 30 giorni dal deposito della relazione del giudice designato, il presidente fissa l’udienza per la discussione del giudizio e assegna un termine per il deposito di memorie e documenti e delle conclusioni del Pm.

L’udienza  L’udienza è obbligatoria, oltre che a seguito di scadenza del termine fissato dal relatore per la presentazione dei documenti, in caso di: • conti compilati d’ufficio quando al termine della gestione non siano stati depositati;  • conti relativi all’ultima gestione degli agenti contabili, quando comprendano partite attinenti a precedenti gestioni degli stessi agenti e non occorra procedere alla revocazione delle decisioni sui conti precedenti; • conti compilati nei casi di deficienza accertata dalla Pa a carico del contabile e prodotti alla Corte dei conti anteriormente al giudizio sul conto;  • i conti complementari, compilati per responsabilità amministrativa a carico di contabili, i cui conti siano stati già decisi;  • i conti speciali di quegli agenti e di quelle gestioni, per cui non sussista in via normale l’obbligo della resa periodica del conto.  All’udienza possono comparire l’agente contabile e la Pa interessata. Nei giudizi di conto, il Pm agisce nell’interesse della legge e dell’erario e adotta ogni provvedimento, anche d’urgenza, a tutela delle ragioni erariali.  Se il collegio riconosce che i conti sono stati saldati o si bilanciano in favore dell’agente della Pa, pronuncia il discarico e, ove occorra, la liberazione della cauzione e la cancellazione delle ipoteche. Quando invece non pronuncia discarico, il collegio liquida il debito dell’agente e dispone, ove occorra, la rettifica dei resti da riprendersi nel conto successivo. In ipotesi di ammanco o di perdita accertata il collegio pronuncia condanna alla restituzione delle somme mancanti e alla alienazione della cauzione versata dal contabile o comunque prestata anche da terzi. Il giudizio sul conto si estingue decorsi cinque anni dal deposito del conto senza che sia stata depositata la relazione del giudice relatore, o siano state elevate contestazioni a carico del contabile da parte della Pa, degli organi di controllo o del PM che chieda con contestuale istanza la fissazione d’udienza. L’estinzione del giudizio non estingue l’azione di responsabilità.

Gli altri giudizi ad istanza di parte nel nuovo codice della Corte dei conti (12-segue)

Continuando nell’esame del codice di giustizia contabile, passiamo ora ad analizzare gli «Altri giudizi ad istanza di parte» disciplinati in modo sintetico dalla Parte V del codice con gli articoli da 172 a 176. I giudizi a istanza di parte, già trattati dall’articolo 58 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi la Corte dei conti (Rd 1038/1933), sono quelli che prevedono possibilità da parte dei privati di agire dinanzi alla Corte, ove si pongano questioni rientranti nelle materie di contabilità pubblica, in cui la Corte stessa abbia una specifica conoscenza e si ponga come giudice naturale rispetto alla previsione contenuta nell’articolo 103 della Costituzione.

Le tipologie di controversie  L’articolo 172 del Codice individua queste ulteriori tipologie di controversie rientranti nell’ambito della giurisdizione contabile.  In dettaglio abbiamo:  a) i ricorsi contro i provvedimenti definitivi dell’amministrazione finanziaria, o ente impositore, in materia di rimborso di quote di imposta inesigibili e di quote esigibili degli altri proventi erariali;  b) i ricorsi contro ritenute a titolo cautelativo, su stipendi e altri monumenti di funzionari e agenti statali;  c) i ricorsi per interpretazione del titolo giudiziale;  d) gli altri giudizi a istanza di parte, previsti dalla legge, nei quali siano interessati anche persone o enti diversi dallo Stato. Con riguardo a quest’ultima categoria di giudizi, non tipizzati dal codice, la giurisprudenza della Corte dei conti formatasi sull’analoga disposizione del precedente regolamento di procedura, ha ritenuto che vi rientrassero le vertenze in materia esattoriale (ad esempio, in materia di aggio dovuto all’agente della riscossione) nonché, per il principio di eguaglianza nella tutela sostanziale e processuale dei diritti, le controversie avviate dall’ente pubblico impositore nei confronti dell’agente della riscossione volte ad accertare l’inadempimento degli obblighi di esazione, riversamento e rendicontazione dell’agente contabile. Sotto questo profilo, i giudizi ad istanza di parte sono oggi molto utilizzati dagli enti locali che lamentano delle inefficienze nell’attività di riscossione dei tributi locali da parte del soggetto incaricato.

I ricorsi  Quanto al profilo procedurale, l’articolo 173 disciplina la forma della domanda. Il ricorso deve essere depositato nella segreteria della sezione giurisdizionale territorialmente competente insieme al provvedimento. Entro dieci giorni dal deposito del ricordo, il presidente fissa l’udienza di discussione con decreto, che viene comunicato al ricorrente dalla segreteria della sezione e, con separato provvedimento, nomina il relatore della causa almeno trenta giorni prima dell’udienza di merito. L’articolo precisa inoltre che tra il giorno del deposito del ricorso e l’udienza non devono trascorrere più di sessanta giorni. Se la notificazione deve essere fatta all’esterno, il termine sale a ottanta giorni. L’articolo 174 disciplina le modalità del ricorso all’amministrazione che ha adottato l’atto impugnato nonché i diversi termini procedurali. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato all’amministrazione, o all’ente impositore, che ha adottato l’atto impugnato, a cura del ricorrente, entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto. Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell’udienza di discussione intercorre un termine non minore di trenta giorni. Questo termine sale a 40 giorni nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi all’estero. Se la parte contro la quale è stato proposto il ricorso non si costituisce e il collegio rileva un vizio da cui possa derivare la nullità della notificazione, lo stesso collegio fissa con decreto una nuova udienza e un termine perentorio per rinnovare la notificazione. La rinnovazione impedisce ogni decadenza. Se la parte contro la quale è stato proposto il ricorso non si costituisce neppure all’udienza fissata, il giudice provvede, a norma dell’art. 93 del codice, a dichiarare la contumacia, dandone espressamente atto nei provvedimenti successivi e nella decisione che definisce il giudizio. Ove l’ordine di rinnovazione della notifica non sia eseguito, il collegio ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue. L’articolo 175 disciplina l’intervento del pubblico ministero negli altri giudizi ad istanza di parte. Il Pm, compiute le istruttorie che ravvisi necessarie, formula le sue conclusioni e le deposita 30 giorni prima dell’udienza fissata. Il deposito viene comunicato alle parti, che possono prendere visione degli atti depositati e ritirarne copia. Nei giudizi su ricorsi contro ritenute su stipendi e altri emolumenti e in quelli per interpretazione del titolo giudiziale, quanto lo Stato non abbia interesse, il Pubblico ministero conclude unicamente all’udienza.  Ai sensi dell’articolo 176, per quanto non espressamente disciplinato, trovano applicazione, anche con riguardo agli altri giudizi ad istanza di parte, le disposizioni previste per il rito ordinario rispettivamente nei giudizi di primo grado e di appello.

Con la riforma della giustizia contabile snellita la procedura per i giudizi pensionistici (13-segue)

Passiamo ora ad analizzare i giudizi pensionistici. La disciplina del giudizio pensionistico è contenuta nella parte IV del Codice (articoli da 151 a 171) ed è completata dalle disposizioni di attuazione dell’allegato 2 al decreto (articoli da 21 a 25). Si tratta di norme applicabili ai giudizi instaurati in primo grado a decorrere dal 7 ottobre 2016, data di entrata in vigore del nuovo codice (articolo 3 delle norme transitorie). I giudizi in materia pensionistica riguardano le pensioni, assegni o indennità civili, militari e di guerra, a carico totale o parziale dello Stato o affidati alla giurisdizione della Corte dei conti da specifiche disposizioni di legge. Su tali materie, la Corte giudica in primo grado in composizione monocratica, in funzione di giudice unico, presso le sezioni giurisdizionali regionali competenti per territorio.

I ricorsi  Il nuovo codice ha sostanzialmente modellato il rito pensionistico sulle forme del processo del lavoro (con le opportune eccezioni dovute alla peculiarità della materia trattata) per assicurare snellezza e celerità al processo. La forma della domanda è il ricorso che deve contenere gli elementi indicati dall’articolo 152, alcuni dei quali previsti a pena di inammissibilità. I ricorsi sono altresì inammissibili se contengono domande sulle quali non si sia provveduto in sede amministrativa o se non è trascorso il termine di legge dalla notifica all’amministrazione dell’atto di diffida (analogamente a quanto stabilito dalla previgente disciplina).  Il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza (che deve svolgersi entro un termine massimo di 60 giorni dal deposito del ricorso) vanno notificati al convenuto a cura del ricorrente entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto; tra la data di notificazione al convenuto e la data dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a trenta giorni (articolo 155). Resta ferma la generale possibilità di proporre ricorso personalmente, senza il patrocinio legale, ma in tal caso il ricorrente non può svolgere oralmente in udienza le proprie difese (articolo 157). Anche la costituzione del convenuto è disciplinata sul modello del rito del lavoro, con obbligo di costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza con memoria nella quale, oltre a confutare le tesi del ricorrente producendo i documenti a propria difesa, deve formulare, a pena di decadenza, le eccezioni non rilevabili di ufficio e le eventuali, domande riconvenzionali (articolo 156).  L’amministrazione può farsi rappresentare in giudizio da un proprio dirigente o da un funzionario delegato (articolo 158). È prevista la possibilità di formulare, nel ricorso introduttivo, istanze in via cautelare da trattarsi, previa instaurazione del contraddittorio, in una apposita udienza camerale (articolo 161). L’ordinanza è reclamabile con ricorso al collegio (articolo 162) e il giudice che ha emesso l’ordinanza controlla la corretta esecuzione del provvedimento cautelare da parte dell’amministrazione (articolo 163). La fase di trattazione della causa è chiaramente ispirata ai principi di oralità e concentrazione del processo, propri del rito del lavoro, anche con riguardo al tentativo di conciliazione da parte del giudice (articolo 164). Da un punto di vista operativo, questa disposizione appare tuttavia di difficile applicazione, a causa dei limiti imposti alle pubbliche amministrazioni in materia di transazioni.

Il giudizio  Il giudizio viene definito alla prima udienza (salva la necessità di ammettere i mezzi di prova richiesti dalle parti o disposti di ufficio) con la pronuncia della sentenza del cui dispositivo viene data lettura al termine dell’udienza. Il deposito della motivazione avviene entro 15 giorni, ma il giudice, in caso di particolare complessità della controversia, può differirne il deposito sino a un massimo di 60 giorni (articoli 167 e 168). Le sentenze di condanna in favore del pensionato o dell’amministrazione sono provvisoriamente esecutive; l’esecuzione provvisoria può essere sospesa dal giudice di appello il quale però, se ritiene l’istanza inammissibile o palesemente infondata, la rigetta condannando la parte che l’ha proposta a una pena pecuniaria non inferiore a 250 euro e non superiore a 10mila euro (articolo 169).

Le impugnazioni  Per quanto riguarda le impugnazioni, il termine (perentorio) per appellare la sentenza è di 60 giorni dalla sua notificazione o, in mancanza, di un anno dalla pubblicazione. Nei giudizi pensionistici l’appello è però consentito per i soli motivi di diritto con l’espressa precisazione che le questioni relative alla dipendenza di infermità, lesioni o morte da causa di servizio o di guerra, e quelle relative alla classifica o all’aggravamento di infermità o lesioni costituiscono questioni di fatto, insuscettibili pertanto di gravame (articolo 170). L’appello si propone alle sezioni giurisdizionali centrali di appello, con sede in Roma, con competenza per tutto il territorio nazionale (fatta salva la Sicilia, ove opera la sezione giurisdizionale di appello con sede a Palermo).

Riforma della giustizia contabile, il pubblico ministero dirige il recupero dei crediti (14-segue)

Continuando nell’esame del codice di giustizia contabile, passiamo ora ad analizzare l’esecuzione della sentenza.

Il giudizio di interpretazione del titolo giudiziale  La parte VII del Codice disciplina l’interpretazione del titolo giudiziale e l’esecuzione della sentenza (articoli da 211 a 218). L’articolo 211 prevede che, ove sorga una questione sull’interpretazione di una decisione della Corte dei conti, le parti, l’amministrazione o l’ente interessato possano promuovere il giudizio di interpretazione del titolo giudiziale. L’atto introduttivo va proposto davanti al giudice che ha emesso la decisione e il relativo procedimento segue le forme previste per il giudizio a istanza di parte.

L’esecuzione delle sentenze di condanna  Il Capo II (articoli 212-216) reca la disciplina dell’esecuzione delle sentenze di condanna, applicabile (ai sensi dell’articolo 2 delle norme transitorie – allegato 3) alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo codice. L’articolo 212 stabilisce che le decisioni definitive di condanna costituiscono un titolo esecutivo solo se «spedite in forma esecutiva» ovvero se munite della specifica formula esecutiva apposta dalla segreteria della sezione giurisdizionale competente.

Il recupero del credito  Quanto al potere di iniziativa in ordine al recupero del credito erariale, la legge delega (articolo 20, comma 2, lettera o), della legge 124/2015) prevedeva di attribuire al pubblico ministero contabile la titolarità di agire e di resistere innanzi al giudice civile dell’esecuzione. Su questo punto, la delega non è stata però realizzata per un duplice ordine di ragioni (per come si legge dalla relazione illustrativa). In primo luogo, non sarebbe stato possibile intestare alla Procura regionale della Corte dei conti l’azione per espropriazione forzata in quanto presso ciascun plesso giurisdizionale è legittimato ad operare esclusivamente l’ufficio del pubblico ministero ivi costituito. In secondo luogo, si sarebbe prodotta una inammissibile interferenza del pubblico ministero contabile nell’esercizio di attività spiccatamente amministrative (e quindi assistite da riserva di amministrazione), consistenti nella scelta tra le diverse modalità di recupero del credito.  Preso atto di tali limiti ordinamentali, il nuovo codice attribuisce al pubblico ministero il potere di iniziativa (articolo 213) e di vigilanza (articolo 214) prevedendo che l’amministrazione o l’ente titolare del credito erariale, a seguito della comunicazione del titolo giudiziale esecutivo da parte della competente Procura contabile, ha l’obbligo di avviare immediatamente l’azione di recupero del credito, effettuando la scelta attuativa ritenuta più proficua in ragione dell’entità delle somme, della situazione patrimoniale del debitore e di ogni altro elemento o circostanza a tal fine rilevante.  L’amministrazione è altresì tenuta a designare un apposito ufficio e a individuare il responsabile del relativo procedimento che dovrà fornire alla Procura erariale una periodica informativa sulle attività svolte e sulle partite riscosse.  Resta ferma ogni ipotesi di responsabilità per danno erariale, disciplinare, dirigenziale e penale configurabile in ragione della mancata attuazione del recupero (articolo 214).  Il recupero del credito potrà avvenire, oltre che con le consuete forme dell’esecuzione forzata (articolo 216), anche in via amministrativa attraverso la ritenuta, nei limiti stabiliti dalla normativa vigente, su tutte le somme che, a qualsiasi titolo, siano dovute al soggetto condannato in base al rapporto di lavoro o di servizio, compresi il trattamento di fine rapporto e quello di quiescenza.  Viene assicurata al debitore la possibilità di chiedere la rateizzazione dei pagamenti il cui piano dovrà essere previamente approvato dal pubblico ministero territorialmente competente; al mancato versamento di cinque rate conseguirà la decadenza del beneficio della rateizzazione (articolo 215).  Il pubblico ministero contabile, quindi, non si limita a esercitare meri poteri di controllo, ma dirige di fatto l’attività di recupero, indirizzando all’amministrazione apposite istruzioni in ordine al ristoro delle ragioni dell’erario, sia che esso avvenga in via amministrativa sia che risulti avviata l’esecuzione forzata innanzi al giudice ordinario.  Il credito erariale è assistito da privilegio che, ai fini del grado di preferenza, si colloca, in caso di esecuzione sui beni mobili, in coda ai privilegi previsti dall’articolo 2778 del codice civile e, in caso di beni immobili, in coda all’articolo 2780 del codice civile (articolo 216, comma 3).

Il giudizio di ottemperanza  Infine, il Capo III riguarda il giudizio di ottemperanza, finalizzato a ottenere l’esecuzione delle sentenze emesse dalla Corte dei conti in materia pensionistica e nei giudizi a istanza di parte. Secondo l’articolo 217, il relativo giudizio va proposto al giudice che ha emesso la sentenza di cui viene richiesta l’ottemperanza. L’azione va esercitata, una volta eseguita la diffida, con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti del giudizio definito dalla sentenza. Il giudice, che decide con sentenza in forma semplificata, in caso di accoglimento del ricorso, ordina l’ottemperanza, prescrivendo le relative modalità attuative e, se necessario, può nominare un commissario ad acta. I provvedimenti adottati dal giudice dell’ottemperanza sono impugnabili secondo le forme disciplinate dalla Parte VI del nuovo codice (articolo 218).