25.10.2016 – PER IL CALCOLO DEL VALORE DELLE CONCESSIONI CONTA IL FATTURATO POTENZIALE E NON IL CANONE

PER IL CALCOLO DEL VALORE DELLE CONCESSIONI CONTA IL FATTURATO POTENZIALE E NON IL CANONE

Il valore delle concessioni di servizi deve essere calcolato tenendo conto del fatturato potenziale del concessionario e non del canone concessorio corrisposto dallo stesso all’amministrazione. Il Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 4343 del 18 ottobre 2016 focalizza l’attenzione sui criteri per la corretta determinazione del valore delle concessioni, assumendo a riferimento la metodologia definita nella direttiva comunitaria 2014/23 (e recepita ora nell’articolo 167 del nuovo codice dei contratti pubblici) e superando il quadro incerto derivante da alcune linee interpretative della norma di riferimento presente nell’ordinamento previgente (l’articolo 29 del Dlgs n. 163/2006).

Il valore delle concessioni  La sentenza ricostruisce il percorso che aveva condotto l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (con la deliberazione n. 9 del 25 febbraio 2010) a considerare il canone a carico del concessionario come computabile nel valore della concessione, purtuttavia precisando che in quanto elemento solo eventuale non poteva considerarsi l’unica voce indicativa del valore della concessione stessa. Tale interpretazione è stata forzata da alcune amministrazioni, che, come nel caso trattato dalla sentenza, hanno posto come dato di riferimento per la definizione del valore proprio il canone a esse corrisposto dal concessionario, alterando invece l’impostazione comunitaria che obbligava a tener conto dei ricavi ipotizzabili in relazione alla futura gestione.

Il nuovo criterio di calcolo  Il Consiglio di Stato rileva invece che il valore della concessione non può essere ancorato a un parametro, come quello del canone di concessione, non rispondente alla previsione normativa, né può ritenersi che la stima del fatturato possa essere demandata al concorrente anziché all’amministrazione, né che possa essere desunta sulla base degli elementi contenuti nel capitolato speciale, in ragione delle peculiarità di ciascun servizio. Spetta quindi all’amministrazione concedente compiere attendibili previsioni di stima, in quanto i fattori che incidono sui flussi di cassa dipendono da una molteplice varietà di condizioni, relative alle prestazioni e alle strutture utilizzate per il servizio, tali da permettere ai concorrenti di stimare in modo attendibile il fatturato. Il valore non può quindi essere computato con riferimento al cosiddetto “ristorno” e cioè al costo della concessione, che è un elemento del tutto eventuale, ma deve essere calcolato sulla base del fatturato generato dal consumo dei prodotti da parte degli utenti del servizio di distribuzione automatica.

Le norme Ue  La correttezza di tale criterio di calcolo è confermata dalla previsione contenuta nella direttiva 2014/23/UE che ha stabilito all’articolo 8, comma 2 che il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionaria generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’Iva, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi. Inoltre, tale disposizione (ora recepita integralmente nell’articolo 167 del Dlgs n. 50/2016) stabilisce che il valore della concessione deve essere calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione, indicando poi gli stessi elementi di valutazione, consentendo alle imprese di poter verificare anche i criteri utilizzati dalla stazione appaltante per la sua commisurazione.