26.10.2016 – AREE FABBRICABILI PERTINENZIALI ANCHE SENZA DICHIARAZIONE

AREE FABBRICABILI PERTINENZIALI ANCHE SENZA DICHIARAZIONE

La natura pertinenziale dell’area, in assenza di preventiva dichiarazione, può essere dimostrata anche nel corso del giudizio. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 19126/2016, respingendo il ricorso di un Comune il quale aveva tra l’altro eccepito la mancanza del requisito soggettivo, cioè la volontà di asservimento dell’area al fabbricato, che il contribuente avrebbe dovuto manifestare nella dichiarazione d’imposta.

L’oscillazione giurisprudenziale sull’imponibilità dell’area pertinenziale  Si ripropone così la questione relativa all’imponibilità ai fini Ici (ora Imu) dell’area pertinenziale al fabbricato (ad esempio, il giardino di un’abitazione o il piazzale di un capannone ancora dotati di capacità edificatoria) in caso di autonomo accatastamento rispetto al bene principale. Sul punto la giurisprudenza di legittimità si è mostrata piuttosto ondivaga, valorizzando inizialmente l’esistenza di un vincolo pertinenziale e ritenendo l’area non soggetta ad imposta anche se autonomamente accatastata (Cassazione, sentenze n. 19375/2003, n. 17035/2004 e n. 6501/2005). Ma nel 2009 si assiste al primo cambio di rotta, ritenendo invece necessaria la dichiarazione del contribuente in cui fosse evidenziato il vincolo pertinenziale dell’area, peraltro non emendabile in sede contenziosa (Cassazione, sentenza n. 19639/2009). Poco dopo viene peraltro introdotto, per la prima volta nel campo dei tributi locali, il concetto di «abuso del diritto», nel caso in cui il contribuente avesse simulato un vincolo di pertinenza dell’area, in assenza della preventiva dichiarazione (Cassazione, sentenza n. 25127/2009). Questo nuovo filone giurisprudenziale, inaugurato nel 2009, è stato successivamente confermato da altre pronunce (Cassazione, sentenze n. 7090/2010, n. 10090/2012, n. 16838/2012 e n. 25170/2013). Ma alla fine del 2015 la Corte effettua un salto nel passato (n. 26078/2015 e n. 1391/2016), tornando poi a mettere ordine all’inizio di quest’anno con la sentenza n. 2107/2016, nella quale si ribadisce la necessità di una dichiarazione espressa da parte del contribuente, oltre alla necessità di una rigorosa dimostrazione del vincolo pertinenziale.

La sentenza n. 19126/2016 della Cassazione  La questione viene ora nuovamente riesaminata dalla Cassazione con la sentenza n. 19126/2016, che evidenzia preliminarmente la mancanza di una nozione di “pertinenza” nel campo dei tributi e la necessità di fare ricorso ai principi civilistici. Pertanto, se nello stesso immobile coesistono accessorietà ed edificabilità, quest’ultima viene resa irrilevante dal vincolo di asservimento. Naturalmente occorre la verifica in concreto dei presupposti previsti dall’articolo 817 del codice civile, cioè la destinazione effettiva al servizio di un altro bene e la volontà di dar vita a un vincolo di accessorietà durevole. Si tratta quindi di un criterio “fattuale” che impone un accertamento dello stato dei luoghi e che non si risolva in un mero collegamento materiale.  Ciò posto, e arriviamo così alla vera novità contenuta nella sentenza n. 19126, la necessità della preventiva dichiarazione circa l’esistenza di una pertinenza può essere superata dalla prova offerta dal contribuente nel procedimento contenzioso, alla luce dei recenti principi espressi dalle Sezioni Unite sull’emendabilità della dichiarazione (sentenza n. 13378/2016). Prendiamo quindi atto dell’ennesimo mutamento di orientamento della Cassazione, che ora valorizza l’emendabilità della dichiarazione in sede contenziosa.